Prendetelo così: uno sfogo notturno, tra l'ansia e l'insonnia. Non l'ho praticamente riletto, chiedo scusa se ci sono errori.
Allora dimmi cos'è che non va.Lei sospirò:
è una storia lunga.Ho tempo.
E' complicata.
Tu prova.
Era una tiepida sera di primavera, il sole stava tramontando.
Loro si erano conosciuti da poche ore, dopo essersi parlati per settimane su Internet: tra un messaggio in chat e una mail, lui aveva capito che lei stava male, ma non voleva dire perché. E ora avrebbe voluto sentirlo dalla sua voce.
Si erano seduti sugli scogli.
Davanti a loro il mare rumoreggiava appena, nell'infinito canto della risacca.
L'odore della salsedine si fondeva con quello dei glicini appena fioriti.
Lei restò in silenzio qualche minuto, lo sguardo perso verso l'orizzonte, tormentandosi i capelli. Respirò a fondo, le
mancava l'aria, così succedeva da tempo. All'improvviso mentre lavorava, leggeva, faceva la spesa, preparava il
pranzo, il cuore aumentava i battiti e a lei mancava il respiro. Lui se ne accorse, le sfiorò i capelli, ma lei si irrigidì.
Lui esitò ancora un istante, poi ritirò la mano. Lei si girò, gli sorrise e gli disse:”
grazie”.
Lui la guardò con dolcezza, poi la esortò a parlare.
Ancora un attimo di silenzio, ancora lo sguardo verso l'infinito, poi iniziò a parlare. All'inizio parlava sicura, tono normale,
minimizzando come al solito... poi la voce s'incrinò, si abbassò fino a diventare un sussurro.
Un disastro. Ecco cos'è la mia vita, un disastro completo. Non concludo nulla, non sono costante in niente. Non mi va bene
nulla e vorrei essere diversa. Completamente. Più costante nelle cose, più decisa...
Parlava, parlava e parlava. Parlò dei suoi sogni e delle sue paure, di quell'abbandono che ancora le faceva male nonostante fossero passati molti anni, di come si sentiva quando gli altri intorno a lei impazzivano di felicità, di una felicità che non credeva di meritare.
Parlò dei suoi sogni spezzati, della sua incapacità di gestire le difficoltà quotidiane, di quanto fosse difficile, dopo una giornata pesante, ritrovarsi da sola. Di quanto avrebbe voluto perdersi tra le braccia di un uomo, uno di cui fosse innamorata e che la amasse.
Di quanto si sentisse stupida a credere ancora nell'amore.
Perchè lei, nell'amore, ci credeva ancora, solo credeva che non la riguardasse più.
Anni di dolore, di solitudine, di sofferenza non si cancellavano da un giorno all'altro... anni in cui s'era costruita un muro attorno,“una barricata di spine e impedimenti”, per dirla con Sylvia Plath cercando di autoconvincersi che non aveva bisogno di avere un uomo accanto a sé.
Un altro disastro, un altro fallimento. Le ultime parole si spensero in singhiozzi. Si girò verso di lui. Attraverso le lacrime che le velavano gli occhi, vide lo stesso dolore negli occhi di lui, la stessa paura nello sguardo. Si sorrisero, le mani si cercarono, poi lui la strinse forte mentre lei tremava.
Lo scirocco portò profumo di zucchero filato dalla festa del paese.
Lui provò a dirle qualcosa, ma la voce gli mancò.
La banda iniziò a suonare, le loro labbra si sfiorarono.
Il sole mandò gli ultimi bagliori di rosso e poi si tuffò nel mare.